1) Cosa significa essere ”un poeta”?
Salve a tutti e grazie dell’ospitalità. Essere poeta per me significa aprire finestre che altrimenti resterebbero sempre chiuse, avere il coraggio di aprirle e curiosare al di là, e magari fare in modo che altri si affaccino a queste finestre. Un nuovo orizzonte da guardare, e verso cui andare. Il poeta è colui che ci trasmette ansia, gioia, paura, consentendoci di abbracciare luoghi che nemmeno sapevamo esistessero e di diventare fantastici attori di un nuovo mondo tutto nostro, al quale nemmeno il poeta stesso aveva mai pensato.
L’idea e l’essenza della mia poesia credo stia tutta in questi miei versi:
“Capovolgendosi cielo e mare, invece di annegare imparò a volare.”
2) Parlami di come gestisci o ti gestisce la tua creatività.
La creatività è una brutta bestia (sorrido) che ti spinge a sporcare fogli e che non riesci mai a imbrigliare, o forse un poco sì. Quando le parole acquistano un senso, emozionano chi legge, è solo allora che diventano poesia. Credo ci sia una sinergia tra il gestire e essere gestiti, una disponibilità al lasciarsi andare e al cercare di governare il flusso di parole che si presenta quando meno te lo aspetti, nessuna altra possibilità, un accadimento simultaneo che non ha compromessi.
3) Trovi che la poesia sia sorpassata? Chi ha bisogno della poesia ai giorni nostri?
Spesso leggo e sento dire che la poesia è morta. Io credo che, così come era stata erroneamente profetizzata la fine dei libri cartacei in generale con l’avvento degli e-book, non solo la poesia non sia morta ma che non morirà mai finché qualcuno, anche fosse un solo uomo, la leggerà e si emozionerà. Alcuni dicono che la poesia è sorpassata perché forse dalla poesia si aspettano risposte, secondo me, invece, la poesia deve essere la domanda e anche per questo deve restare silenziosamente irrisolta.
4) Come ci si sente ad essere uno degli oltre quattro milioni di poeti o presunti tali solo in Italia?
Detto così direi che mi trovo bene e che sono in buona compagnia. Considerato però che in Italia sembra ci siano cinque milioni di lettori, dei quali quattro milioni, poeti ai quali vanno aggiunti gli scrittori in generale, mi chiedo, chi legge? Il dubbio che mi attanaglia è che forse la stragrande maggioranza di coloro che scrivono non leggano, cosa tristissima. Non è tanto il numero di poeti e scrittori, ma il numero di lettori che mi lascia perplesso.
5) C’è qualche poeta emergente che apprezzi e che invidi in maniera ”sana” e perché?
Che invidio assolutamente no, che apprezzo ben più di uno. Beatrice Orsini è una poetessa che regala versi ricchi di passione e sensualità ma anche di stralci del vivere quotidiano con le sue mille difficoltà. Emoziona a 360 gradi. Nicola Manicardi, poeta e amico, riesce, con versi a volte di una crudezza disarmante, a fotografare istantanee di attimi che ti colpiscono senza alcuna pietà e si imprimono nella mente e nell’anima indelibilmente . Entrambi hanno pubblicato la loro raccolta molto di recente.
6) Hai un libro da consigliare a chi si avvicina per la prima volta alla poesia?
Difficile consigliare un libro di poesie, escludendo il mio ultimo, ma anche quello precedente, consiglierei “50 ANNI DI BIANCA – 1964-2014” edito da Einaudi, anche se sembra difficile da reperire. Aggiungo una raccolta di Dan Fante, “GIN&GENIO” edito da WhiteFly Press, una poesia forte, senza regola, ma che ti entra dentro.
7) Come definiresti il tuo stile?
Premesso che definirsi non è cosa facile, perché un po’ autoreferenziale e supponente e che dovrebbero essere gli altri a definirci e a definire la nostra poesia, la mia la vedo semplice, scarna ed essenziale, una lettura comoda. Credo fruibile a molti, una poesia senza fronzoli, sintetica nei suoi pochi versi, che va dritta al dunque.
8) Quale è la differenza tra un poeta e uno scrittore di narrativa?
Lo scrittore di narrativa è un metodico, il poeta un saltimbanco, entrambi portatori di talento, ma veicolato in maniera diversa. Il primo traccia delle linee diritte su un foglio, mentre il secondo lascia delle macchie. La linea viene interpretata da tutti o quasi allo stesso modo, delle macchie ognuno ne fa quelle vuole. Che poi a scrivere poesia che ci vuole, prendi le parole e le metti in fila, senza nessuna colpa. Poi ognuno ci troverà la colpa che vuole.
9) Come gestiresti un tuo mega successo di vendita?
Ipotesi remotissima, ancora più remota visto che scrivo poesia. Non ho mai pensato a una simile eventualità anche se, forse inconsciamente, è un sogno che accarezziamo tutti in silenzio. Probabilmente mi dedicherei solo alla scrittura o comunque ad attività direttamente a essa connesse, perché scrivere è apprendere, confrontarsi, magari scontrarsi, ma comunque è un continuo crescere.
10) Hai l’occasione in un sogno, di andare a cena con un poeta famosissimo (scegli tu vivo o morto) … chi porteresti al tavolo con te e perché?
Sicuramente Pedro Salinas che leggo praticamente da “sempre”. Salinas è l’amore puro, ma carnale e reale mitizzato, una sorta di ponte tra la realtà e come vorremmo fosse l’amore, un misto di gioia, passione, carne e sangue, sempre vivo, un continuo dolore nella gioia che ci tiene vivi, una speranza mai esaudita. Aggiungo un’ultima cosa (presuntuosamente). In una recensione al mio primo libro vengono accostati alcuni miei versi a “La voce a te dovuta”, immodestamente mi inorgoglisce molto.
-“Non cercherò più / quei baci che non vuoi darmi, / e le tue carezze che erano mie, / non misurerò più il tempo, / sei andata senza ritorno / lì dove io non ci sono, / ne mai ci sarò, …” (da “Di tutto quello…”). Parole che per un attimo riportano a Pedro Salinas in “La voz a ti debida” , dove è sempre l’amore sofferto a regalarci righe intense che ci investono. (Stefania Tani su GialloeCucina) –
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